Visualizzazioni totali

lunedì 31 dicembre 2012

Haiku

 
 
Neve si scioglie
svanisce il tuo ricordo,
una nuova vita.
 
 


domenica 30 dicembre 2012

Haiku

 
Il gatto che mi salutava al mattino mentre mi recavo a scuola in Giappone.
 
Un gatto bianco
in un tempio di Kyoto,
sogno d’inverno.
 
 
 


Haiku


 
 Tra le lanterne
i petali di ghiaccio:
la prima neve.
 
 
 

sabato 29 dicembre 2012

Presentazione "Inverno - Haiku", Milano, 24.11.2012

 
Milano. Mancano venti minuti alle cinque, affretto il passo perché non vedo l'ora di raggiungere la libreria Senza Data in zona Porta Ticinese. All'interno c'è già il gruppo femminile delle haijin, Fabrizio (il curatore editoriale) e più tardi ci raggiungeranno i due maschietti. Era la prima volta che li incontravo di persona, ma è bastato scambiare due chiacchiere per rompere il ghiaccio e sentirsi subito a proprio agio in loro compagnia. La libreria antiquaria è piccolina ma intima e accogliente. C'è un gruppetto di partecipanti come pubblico che attende l'inizio, ci disponiamo quindi in fila secondo l'ordine alfabetico, e Fabrizio prende la parola in qualità di relatore. A turno ci presentiamo e esponiamo come nasce la nostra passione per gli haiku. Io sono emozionata al limite dell'impappinamento, ma tutto poi fila liscio. Diamo al via alla prima lettura a testa di un nostro haiku presente nell'antologia, in penombra (molto yugen!) accompagnata dalla stupenda melodia del flauto di bambù di Elisabetta. Applausi e approvazioni dal pubblico. E' il momento di una breve pausa in cui siamo deliziati dalle lingua di gatto portare sempre da Elisabetta (se non sbaglio) e haijin e audience si mescolano per chiacchiere varie e approfondimenti su letteratura, cultura giapponese e altro. Prima di attaccare con il secondo giro di letture Eufemia mi propone di improvvisare una lettura italo-giapponese di un antico haiku di Issa, accetto anche se non ho ancora superato totalmente l'emozione (vedi video sotto). Mi concentro sulla lettura e non penso ad altro. Qualcuno poi mi dirà che la mia voce è dolce altri invece hanno visto fiori di ciliegio fluttuare in aria! Il risultato è semplicemente perfetto! Si passa alla seconda e ultima lettura, per me molto sentita dovuto all'haiku che ho scelto di leggere, la mia voce è quasi rotta...Per finire si invita il pubblico a porre qualche domanda e soffermarsi un attimo sulla produzione odierna di haiku in Italia e nel mondo. Fabrizio benché influenzato è stato un ottimo moderatore. Per ultimo: il momento degli autografi! Non mi sarei mai sognata di rilasciarne in vita mia, ma così è stato.
Purtroppo mi aspetta il treno di ritorno, devo salutare gli altri haijin che si fermano a cena. Baci, abbracci e ancora scambi di saluti e arrivederci. La serata si conclude, ma il ricordo è ancora vivo nel cuore! A presto miei cari amici!



mercoledì 26 dicembre 2012

Le principali correnti estetiche nella letteratura e nell'arte giapponese

 
 

Mono no aware (物の哀れ)
Letteralmente significa “il sentimento delle cose”, è la piena consapevolezza della caducità delle cose e il senso di malinconia che si prova per il loro trascorrere. La natura è eterna, l’uomo è effimero. E’ paragonabile un po’ allo spleen occidentale. Concetto che appartiene all’epoca Heian (794-1185) e ampiamente presente nel romanzo Genji Monogatari di Murasaki Shikibu.

Yugen (幽玄)
E’ il senso di mistero che avvolge le cose, quando avvertiamo qualcosa di oscuro, insondabile e inspiegabile alla ragione. Un’immagine in penombra, qualcosa di appena accennato non completamente visibile è tipico dello yugen.

Wabi e sabi (;)
E’ la consapevolezza della transitorietà delle cose. Wabi significa sobrietà, semplicità, frugalità, applicabile sia alle cose naturali e sia alle cose artificiali. Sabi è la bellezza dell’avanzare dell’età, la patina delle cose, sono i segni del tempo che ritroviamo sugli oggetti, a differenza di noi occidentali i giapponesi apprezzano la ruggine su una spada, una ciotola scheggiata, ecc. Il sentimento suggerito è quello della desolazione, austerità, bellezza rustica ma raffinata.


Karumi (軽み)

Nell’estetica del grande poeta giapponese Matsuo Basho, famoso per aver dato origine alla tradizione dell’hokku (oggi noto come haiku), è centrale l’idea di karumi, “leggerezza”. Quella modalità espressiva, cioè, che coglie i momenti poetici nel tessuto della quotidianità, attraverso parole ed immagini sobrie ed essenziali, prive di enfasi o di retorica, leggere appunto.
Leggerezza, però, non vuol dire superficialità, ma capacità di cogliere la bellezza e l’eterno nelle cose più semplici, più ovvie, più banali. Il poeta riesce così a distrarre la nostra attenzione dalla vera banalità – il considerarci l’ombelico dell’universo – e a farci attrarre dall’essenziale: il mostrarsi delle cose nella loro sorgiva immediatezza, spoglie di tutte le sovrastrutture di significati che noi vi abbiamo introdotto o affollato intorno. E’ un’altra modalità della conoscenza, piuttosto rara e difficile perché richiede grande energia, concentrazione, autoeducazione, disciplina, tensione; più un togliere che un mettere; oltre che un lungo viaggio – come quello di Basho – attraverso la vita, i luoghi, la natura (“Ammalatomi in viaggio / il mio sogno corre ancora / qua e là nei campi spogli“, come recita lo splendido haiku che Basho detta a un suo allievo poco prima di morire).
A noi, però, viene data con un minimo di sforzo l’opportunità di fruire di quelle visioni essenziali, mettendoci all’ascolto. […]
(Articolo sul Karumi tratto dal blog “La Botte di Diogene – blog filosofico” http://mariodomina.wordpress.com/2009/03/21/karumi/)

Esempio di Karumi in haiku: Nello stagno antico / si tuffa una rana: / eco dell’acqua.

Haiku e dintorni


L’haiku (俳句) è un tipo di poesia giapponese dallo schema metrico 5-7-5 per un totale di 17 sillabe, suddivise in 3 versi. E’ il più breve componimento poetico, il quale include sempre una parola che richiami ad una stagione detta kigo (季語). In questi tre versi le proprie emozioni s’intrecciano con ciò che suggerisce la stagione, in altre parole la poesia tratta il tema della natura associato ai sentimenti.
L’haijin (俳人 colui che compone haiku) coglie quell’istante consapevole che non si ripeterà più, ma ne cattura i dettagli rielaborando a suo modo quel preciso momento. L’haiku è così breve ma intenso, permette al lettore di entrare nel mondo intimistico dell’haijin ed interpretarlo come meglio crede.
L’haiku è stato reso celebre dal monaco errante Matsuo Basho, durante il Periodo Edo (periodo feudale, 1604-1868), ma che tuttavia ha origine più antiche:  la tanka (短歌poesia breve) o waka (和歌 la poesia giapponese per eccellenza), di cui lo schema metrico è 5-7-5-7-7 composto da 31 sillabe in 5 versi, l'haiku discende infatti dalla prima parte di questo componimento.

Senryu (川柳) in cui si impersonificano animali, cose inanimate ed elementi naturali i quali agiscono come esseri umani, è solitamente una poesia di tipo umoristico-ironica.
Cit. di Antonietta Filippini: “Nelle raccolte più antiche, parlavano della vita quotidiana dei chōnin di Edo del XVIII secolo, che aspiravano ai piaceri fuggevoli delle feste, della moda e del mondo che gravitava intorno ai teatri del Kabuki e alle case di piacere, veri salotti in cui accanto ai mercanti si incontravano attori, letterati, artisti, editori ed anche samurai, magari in incognito.
Insieme si discuteva di poesia e si leggevano i testi, fatto del tutto impensabile nei secoli precedenti.
Il mondo dei Senryū era concreto, impregnato di realismo, rigorosamente laico, con un sano gusto per i piaceri della vita: amore, sakè e denaro. In particolare il Senryū:

• é generalmente anonimo;

• non contiene il Kigo;

• può non avere il kireji (trama, rilegatura);

• si serve di artifici retorici come la metafora, l’analogia, l’iperbole, la personificazione;

• è intensamente personale;

• non dichiara semplicemente un evento che avviene, né giustappone immagini, ma argomenta, assumendo anche toni filosofici e moraleggianti;

• il tono oscilla tra la satira e l’ironia, tra il divertimento e il fastidio, ma a volte è anche triste, malinconico. Insomma, di fronte alle debolezze umane il riso può diventare amaro;

• soprattutto, e questo è il suo tratto più distintivo, focalizza l’attenzione sulla gente, ne ritrae le caratteristiche, la psicologia, le motivazioni, i comportamenti.”

La poesia katauta (方歌), spesso dimenticata nella letteratura giapponese, è la prima metà di una sedōka, di cui lo schema metrico è 5-7-7, è perciò considerata come “mezza poesia” o poesia incompleta, fu soppiantata con l’affermarsi dell’haiku e della tanka, considerate più popolari. E’ una poesia che esprime un sentimento relativo ad un determinato argomento. Questa forma in voga fino all’VIII secolo, era spesso indirizzata al proprio amante.

Tratto dal sito www.rossovenexiano.com :
L Haikai (俳諧) è un componimento poetico rigorosamente composto di tre versi rispettivamente di 5 7 5 sillabe con connotazione decisamente umoristica, comica, demenziale. Può o no contenere il Kigo o il Piccolo Kigo. Non bisogna confonderlo con lhaiku pervaso dallo stato d’animo Karumi (la delicatezza, la leggerezza, l’innocenza, il piccolo sorriso, la piccola ironia, il piccolo umorismo, la visione leggera, fanciullesca, libera dal peso della cultura e della tecnica). Nell’haikai la connotazione umoristica è decisamente marcata.
LHaibun (俳文) è un componimento poetico costituito da parti in prosa intercalati da haiku o senryu. In genere è il resoconto di un viaggio. Il testo in prosa è asciutto, essenziale, semplice. Gli haiku che lo intercalano non sono il riassunto di ciò che è stato scritto in prosa, ma aggiungono altri significati e lo completano. Famosi gli haibun del poeta Basho.

LHaiga (俳画) è ogni composizione poetica (Haiku, Senryu, Haikai) abbinata ad una immagine. Limmagine può essere una fotografia, un disegno, una pittura, un pittogramma, un frattale, un film, e qualsiasi altro genere di immagine.
La Renga (連歌) col passare del tempo, questa struttura si frammenta in una serie di battute, raggiungendo i suoi apici nell’XI e nel XII sec., sino a divenire una sorta di dialogo virtuosistico in versi tra un poeta che compone la prima strofa, ed il suo interlocutore che risponde con la seconda. Ad essi si aggiungono via via altri partecipanti, trasformando il tanka in un kusari-renga, ossia una poesia a catena. Ciascuna strofa deve richiamare solo quella precedente, creando così un variegato movimento all’interno della composizione, che poteva raggiungere le oltre cento strofe, seguendo un meccanismo simile a quello delle scatole cinesi. Già da questa fase, si può comprendere l’importanza della prima strofa, che finirà poi per emanciparsi prendendo il nome di hokku (発句). La composizione della prima strofa, essendo la principale dell’intera composizione, veniva generalmente affidata al poeta più esperto, sancendone l’autorità e la bravura.
Inizialmente destinato solo all’ambiente della corte, il renga divenne così popolare da diffondersi anche al di fuori, riscuotendo successo ancora una volta: nasce così il chika-renga, ossia le composizioni redatte da persone non nobili. Da tempo, per reazione ai rigidi canoni della poesia tradizionale, si era sviluppata una certa insofferenza per le regole. Nuovi contenuti e nuove forme si svilupparono, liberandosi, almeno in parte, dalle convenzioni e dai manierismi, lasciando spazio alla spontaneità: ecco quindi l’haikai-no-renga¸ diffusissimo nel XVII secolo, in cui lo stile sia abbassa sino a divenire umoristico e leggero (mushin, “senza cuore”), a volte persino triviale.

Il Tanka (短歌) è formato da 31 sillabe, distribuite in 5 versi secondo lo schema 5,7,5,7,7 e costituisce un piccolo poema, e questa sua brevità gia di per sé costituisce un elemento di bellezza (poiché, secondo Sei Shonagon, “tutte le cose piccole sono belle”). I primi tre versi del tanka costituiscono il kami-no-ku (lett. “parte superiore”), e gli ultimi due il shimo-no-ku (“parte inferiore”). Le due parti devono risultare contrapposte.
L’Haisan (俳三) E’ un componimento poetico formato da tre versi. Il termine è composto dall’unione della prima parte della parola Haiku: HAI e dalla parola SAN che in giapponese vuol dire TRE. Quindi semplicemente “tre versi”. Sono gli haiku liberi, che non rispettano le sillabe, che non rispettano il Kigo. E’ un termine migliore di “pseudo-haiku” o “quasi-haiku” o “haiku impuro” che in qualche modo esprimono un giudizio negativo, quasi definendo con un risolino l’intenzione del poeta che voleva scrivere un haiku ma non ci è riuscito. La parola che proponiamo non ha connotazione negativa. Rispetta la scelta dei poeti che vogliono scrivere haiku moderni, con sillabe libere e senza essere vincolati dalla stagione. Ci sembra opportuno dare dignità a questa forma di poesia che molti poeti occidentali, ma anche giapponesi, hanno scelto consapevolmente e che con vigore propugnano. Ma ci sembra anche opportuno non chiamare questi componimenti Haiku. Il termine Haisan, che proponiamo, ci sembra dignitoso e appropriato, e rispecchia la volontà degli Haijin che hanno scelto questa via.